N.inv. Pigorini
71976/ HT Wa 1547
Il nodulo pendente ad un foro 71976/ HT Wa 1547 reca l’impronta di sigillo “Due uomini con scudo a otto” (Del Freo 2002-2003, 67-68).
Reca un segno in Lineare A
AB 81/ KU
L’ampiezza e la varietà dei contesti in cui tale sillabogramma è utilizzato farebbe ipotizzare che assuma diversi significati a seconda delle situazioni. È stato identificato come sigla di prodotto, agricolo o tessile, di categoria di personale o, ancora, è possibile che sia un indicatore di totali e quantità registrate (Negri 2002-2003, 100; Montecchi 2019, 282).
Come la quasi totalità delle cretule, il nodulo proviene dal Quartiere Nord-Ovest della Villa; probabilmente in origine conservati al piano superiore, crollato a seguito dell’incendio che la distrusse, sono stati ritrovati nel vano 13, per questo battezzato “la stanza dei sigilli” e nell’area del portico 11 (Halbherr 1903, 30; Levi 1925, 73; per i luoghi di provenienza dei documenti amministrativi cfr. Militello 1988, 1992, 2001, 2011).
Misure 1.9 cm x 2.0 cm x 1.4 cm.
Scriba Wa 89
L’impressione di sigillo HT 116 è attestata su 17 supporti, uno al Museo Pigorini (Del Freo 2002-2003,67-68).
Il motivo raffigura due figure stilizzate con scudo a otto; ai lati delle due figure sono due linee verticali, che hanno fatto propendere Levi per interpretarle non come guerrieri, ma come raffigurazione schematica di uno xoanon (Levi 1925-1926, 124); nella parte superiore del sigillo si possono vedere dei tratti che fuoriescono dagli scudi, forse braccia, e due che si incrociano sopra le teste, forse spade (Del Freo 2002-2003, 68).
Lo scudo a otto copriva il guerriero dalla testa ai piedi ed era portato per mezzo di un telamone (una spessa fascia di pelle, τελαμών in Greco Antico) passante dalla spalla sinistra secondo alcuni studiosi, dalla destra secondo altri (Greco 2006, 274); il motivo risulta ampiamente diffuso nel TM IB, non solo nella glittica, dove compare isolato o in associazione all’ascia bipenne e a figure con indosso il mantello a frange (Molloy 2012, 104), ma compare anche in affreschi e decorazioni a stucco, come nello “Shield Frescoes” di Tirinto, datato al TE IIIB, o negli affreschi di Cnosso, Tera, Micene, Pilo e Tebe, leggermente precedenti (Blakolmer 2012, 84). L’uso di questo tipo di scudo come arma difensiva, ma anche come simbolo di culto dal forte valore magico/apotropaico, è particolarmente diffuso durante il Tardo Bronzo; utilizzato fino al TE IIIA (Greco 2006, 267), il ricordo del suo uso avrebbe continuato a vivere nelle immagini e nelle storie di eroi.
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