N.inv. Pigorini/ Serie W
71974
The flat-based nodule 71974 bears a seal impression representing a “Bull-Leaping” (Alberti et alii 2013,11).
It is not inscribed.
This flat-based nodule was discovered in the North-West Quarter, between the Room 13, also known as “Stanza dei Sigilli”, and the Portico 11, like most of the cretulae probably fallen from the upper floor, which collapsed in the fire that destroyed the Villa (Halbherr 1903, 30; Levi 1925, 73; for the provenance of administrative documents See Militello 1988, 1992, 2001, 2011).
Measures 2.5 cm x 1.7 cm x 0.9 cm.
L’impressione di sigillo HT 145 è attestata su un solo supporto. (Del Freo 2002-2003,67).
Il motivo raffigura un toro al “galoppo volante” e un atleta, catturato nell’attimo della discesa dopo il volteggio (Levi 1925-1926, 101; Younger 1976, 131; Younger 1984, 56). Al motivo del salto del toro si possono ricollegare più schemi di raffigurazione: l’” Evans’s Schema”, diffuso a Creta nel TM IB, il “Diving Leaper Schema”, diffuso sia a Creta sia sul Continente, dal TM IB alla caduta di Cnosso, e il “Floating Schema”, principalmente diffuso sul Continente nel TE IIIB (Younger 1976, 126-131). L’impressione del Museo Pigorini, tuttavia, per via della posizione dell’atleta, è difficile da attribuire con sicurezza ad uno specifico schema, per questo ad essa è stata dedicata la sottocategoria degli “Alighting Leapers”.
Quanto all’attività del salto del toro, il prestigio degli oggetti su cui essa è rappresentata, fa propendere nel ritenerla un’attività tramite la quale l’aristocrazia facesse sfoggio del proprio status, così come fanno pensare i gioielli con cui gli stessi atleti erano agghindati (Marinatos 1994, 93), che li rendono identificabili come aristocratici, che dominano il mondo animale con il vigore e con l’astuzia (Morgan 1998,18). Evans riteneva che il salto del toro avesse una connotazione religiosa, praticato per la venerazione di una Dea Madre (Lapatin 2000, 26) o di un culto del toro (Thompson 1992, 163), e non è mancato chi si è spinto oltre, ritenendolo non un’attività realmente praticata, ma una drammatizzazione delle costellazioni (MacGillivray 2000, 54-55).
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